La famiglia di origine
Abbiamo spesso provato ad immaginare come Giuseppe Sava, il padre di Jimmy, abbia potuto maturare il desiderio di partire per l’America, meta a lungo sognata e raggiunta da tanti suoi amici e compaesani. L’Italia post-unitaria non offriva, infatti, molte opportunità ai giovani lucani. Negli incontri stiglianesi di questi ultimi anni ci siamo divertiti ad immaginare come il giovane Giuseppe, scendendo i gradini di casa, in Vico Addolorata, e proseguendo sul pendio di via Cavour, giungesse, dopo pochi passi, nella chiazza, il largo Chiesa Madre, nel fermento di tutte le attività artigianali che l’animavano, con la colonna sonora di ciabattini che conciavano il cuoio, fabbri che ferravano i cavalli, campanari che provavano le campane; facesse poi un salto in chiesa a salutare San Rocco, promettendogli che, se lo avesse protetto, il primo figlio maschio avrebbe portato anche il suo nome, e, infine, si sporgesse da quel balcone naturale su quell’immenso mare che da verde diventava dorato, con l’avanzare della bella stagione, per poi declinare verso l’azzurro del golfo di Taranto. Il destino di Giuseppe seguiva il suo sguardo che non si fermava nella valle del Basento, testimone delle terribili gesta dei briganti che avevano animato i racconti della sua infanzia, ma scivolava verso il mare. Meglio migrante che brigante! Eppure, a venti anni, quando, finalmente, raggiunge il porto a lungo desiderato, questa determinazione viene meno e non è sufficiente a trattenerlo in America: 30 dollari per 30 giorni e 30 notti di mare e poi …
Mio padre arrivò al porto di New York alla vigilia della tormenta del 1878. Aveva vent’anni. A New York si erano chiusi tutti a chiave. L’acqua si era ghiacciata. Prendevano la neve e la bollivano per ricavarne acqua Per cinque giorni la città fu assediata dalla neve. Il quinto giorno mio padre, disgustato da questa vita da eschimese, salì sulla stessa nave con la quale era arrivato e tornò in Italia.
Questo l’incipit di I Bow to the Stones, inchinati alle pietre, il libro pubblicato postumo da Lina Farina, la giornalista italo-americana che Jimmy aveva sposato, in seconde nozze, e che aveva preso l’abitudine di appuntarsi quelle storie fantastiche che il marito era solito raccontarle. In queste poche righe è racchiuso un ritratto straordinario che Jimmy fa di suo padre, Giuseppe Maria Sava, di professione calzolaio, il gentile ciabattino italiano, come lo descrive la Farina, nella prefazione del libro, e, più avanti, di sua madre, Carmela Baione, filatrice e casalinga. Giuseppe, all’età di 20 anni, nel 1878, si imbarca per l’America. Dopo 30 giorni e 30 notti di navigazione, passa 5 giorni a New York sotto una tormenta di neve; ne ha abbastanza, torna al porto, ritrova la stessa nave e torna a Stigliano, uno dei tanti paesini arroccati sull’Appennino meridionale, dove gli inverni non erano molto più generosi. Dove abbia passato quei 5 giorni, nel ‘78, cosa abbia visto, chi abbia incontrato non è dato saperlo. Nelle ricerche condotte a Stigliano da Rocco Derosa, si ritiene probabile che le abbia trascorse nelle inospitali segrete di Ellis Island, o, ancor peggio, nel Castle Clinton in Battery Park, segrete prive di riscaldamento, dove gli immigrati venivano visitati, interrogati, spesso derubati dei bagagli, registrati e poi, mentre i fortunati proseguivano la loro avventura, chi non era ritenuto in regola finiva lì detenuto, in attesa di essere rimpatriato. Certo non era un soggiorno piacevole e passeranno 10 anni prima che nel giro di qualche mese, grazie a Carmela, Giuseppe si sposi e riparta per l’America, allo scopo di assicurare un futuro migliore a quel figlio maschio che, soprattutto lei, attende con impazienza.
Ancora più appassionato il ritratto che Jimmy fa della madre, Carmela Baione:
Lì, nel paese del sud dove era nato, mio padre si innamorò di una ragazza di nome Carmela, dai grandi limpidi occhi. Lei era proprietaria di una fattoria con quaranta acri di uliveto […] e possedeva qualcosa di ancora più prezioso: questa ragazza aveva uno spirito avventuroso […] Si sposarono e salparono per l’America.
Già Carlo Levi descrive la capacità delle donne lucane, depositarie di antichi saperi, capaci di imporre significati e strategie a tutta la famiglia, anche perché guerre ed emigrazione spesso portavano via figli e mariti, lontani dal nucleo familiare. Evidentemente se Inchinati alle pietre, il motto che in famiglia si soleva ripetere, è stato ideato in occasione del precipitoso ritorno di Giuseppe a Stigliano, ha un significato ben diverso per moglie e marito. Per Giuseppe sembra dire che contro certe fatalità è inutile lottare, per Carmela invece, che aveva uno spirito avventuroso, significava non darti per vinto, non farti cadere le braccia, se non puoi superare l’ostacolo … aggiralo!. Qual è il problema? il freddo, il gelo con cui New York ha accolto Giuseppe la prima volta? Allora basta partire d’estate e tutto sarà più facile! Così è anche per la famiglia Savo: in soli 4 anni Carmela prende in mano le redini della famiglia e ne cambia il destino. Quando Vincenzo Rocco Sava, in arte Jimmy Savo, il secondogenito, nasce a New York, il 31 luglio 1892, il papà, Giuseppe Maria Sava, ha 33 anni, fa ancora il ciabattino, Carmela Baione, la madre, ne ha 27.
Quando dopo alcuni anni arrivai io, con occhi come richiesti, una grande ambizione la mise in agitazione. I primi nove giorni della mia vita furono giorni molto frenetici per mio padre. Mamma lo costrinse a darsi da fare, a fare una marea di preparativi. Lei voleva traslocare in una casa migliore e iniziare una nuova attività […] A mamma piaceva la musica, la gente, l’allegria. Fece arrivare una banda, pronta a marciare lungo la 104ª Strada per celebrare il mio arrivo. Il neonato venne portato nella chiesa sulla 115ª Strada e gocce di acqua benedetta furono spruzzate sul suo viso. Tutti ballavano nelle strade come se un intero grosso isolato desse una festa, monetine e caramelle furono lanciate in aria e i ragazzi si azzuffarono per esse. “Sentirai parlare del mio ragazzo”, diceva. E quando avevo nove giorni di vita traslocammo nella nuova casa.
Nel futuro immaginato dall’avventurosa Carmela per il piccolo Rocco Vincenzo non c’è più la bottega di ciabattino a Manhattan tra la 97ª e la 3ª Avenue: due anni dopo la sua nascita, Giuseppe e Carmela erano proprietari di una casa di cinque piani, con il negozio ed una macelleria a pianterreno, anche se era duro per mio padre alzarsi per andare al mercato la mattina presto, ma la mamma badava che lo facesse. Ma dopo solo due anni e nove giorni dalla nascita di Jimmy, a causa di malattie respiratorie e polmonari, Carmela muore e Giuseppe
non riuscì a sopportare la solitudine in cui lei l’aveva lasciato. Chiuse il negozio, vendette la casa e portò i piccoli orfani, Lucy e me, su di una nave e tutti salpammo per l’Italia. Lì a Stigliano, il suo paese natale, cercò di mettere su casa, ma ogni volta che guardava me, si ricordava della banda e dei grandi progetti della mamma.
La morte di Carmela, suggerisce a Giuseppe di vendere tutto e tornare a Stigliano, rifugio accogliente ed amato, come gli era già successo anni prima. Ed ecco il merito del padre, onorare la memoria di Carmela, rispettandone le volontà, e, così, si risposa e torna in America. Si è inchinato, ancora una volta, al destino, l’ha accettato, ma, questa volta, non si è fermato ed è andato avanti per la sua strada.
L’infanzia
E ancora una volta lui aprì una bottega di ciabattino sulla 97ª Strada, poco più in là della casa dove ero nato, ma la bottega era in una cantina e noi abitavamo nel retrobottega. I suoi risparmi erano svaniti. E i sogni di prosperità s’erano dissolti. I miei primi ricordi cominciano lì.
Evidentemente i ricordi della madre erano ricordi indotti dagli appassionati racconti del padre che, in ogni caso, hanno finito col diventare parte del vissuto di Jimmy, che sembra fatto della stessa tempra di Carmela: l’entusiasmo per la vita, il canto, la gente, l’allegria. Così è pronto ad affrontare tutto ciò che la vita gli riserverà senza farsi cadere le braccia di dosso. E fra i ricordi, uno dei più vivi, è quello che gli ispira la mimica con cui su tutti i palcoscenici americani, presenterà la sua versione della ballata popolare River Stay Away From My Door, Fiume, stai alla larga dalla porta di casa mia!, uno dei suoi cavalli di battaglia, insieme a That Old Black Magic e One Meatball:
Una notte d’inverno ci fu un grosso acquazzone e la cantina fu inondata. Stavamo tutti dormendo. Aveva piovuto in continuazione dall’ora di cena. L’acqua salì all’altezza dei letti. Mio padre si svegliò e venne da me. Le luci si spensero. Mi sollevò dal letto e mi portò fuori, con l’acqua che gli arrivava quasi alle ginocchia. Mia madre seguiva, tenendo Lucy per mano. Andammo al piano di sopra e bussammo alla porta del cinese. Lui stava dormendo, ma venne alla porta sorridente e premuroso e ci fece dormire sul pavimento su dei sacchi per la lavanderia. Mi dette delle noccioline cinesi e ci fece del tè. Quando l’acqua si ritirò, scoprii che i miei giocattoli e i miei fuochi artificiali erano stati tutti rovinati dall’acqua. Per mio padre, l’allagamento fu l’ultima goccia. Gli affari sulla 97ª Strada non erano mai stati floridi e lui decise di operare un cambiamento totale. Venne a sapere che lassù nel Bronx le cose andavano bene. Con il cavallo e il carro del barbiere, traslocammo dalla nostra cantina allagata.
La ripresa è molto difficile, la famiglia cresce, nascono altri tre fratelli e dormono tutti e cinque nell’ennesimo retrobottega di una strada rurale del Bronx, dove si sono trasferiti. La povertà li costringe a molti sacrifici ma Savo racconterà che sarà proprio la povertà a salvare loro la vita:
Un’epidemia di tifo spazzò via il quartiere per un anno intero quando Jimmy era piuttosto giovane. Solo la famiglia Savo, la più povera sopravvisse senza perdere nemmeno uno dei 5 figli.
Le autorità sanitarie risolsero il mistero dopo aver diagnosticato il tifo in una mucca di una fattoria vicina: I ragazzi Savo non erano stati colpito dal tifo, perché il padre non poteva permettersi di pagare i pochi centesimi per un litro di latte fresco. Lui aveva dato ai suoi figli latte condensato, in polvere, quello che costava meno.
E la povertà che impedisce al padre di avere una scorta sufficiente di pelle, di cuoio e di tacchi per la riparazione delle scarpe. Ed è Jimmy che viene mandato di corsa da un ciabattino amico, a dodici isolati di distanza, per acquistare il materiale necessario alla riparazione, ogni volta che un cliente varca la soglia del suo botteghino. E ancora di corsa per pagare il fornitore dopo essere stati pagati dal cliente.
Il racconto della sua infanzia è un racconto avvincente che si sviluppa attorno ad un tema ricorrente, la strada. E’ infatti in strada che Jimmy diventa adulto quando, piccolo ed esile, impara a correre davanti ai cavalli delle carrozze, lì dove, nel Bronx, i ragazzi delle bande irlandesi e tedesche che gli danno la caccia, non hanno il coraggio di seguirlo, ed è lì che cerca di conquistare quella ragazzina, Anita, che gli piaceva tanto, facendo roteare dei sassi sulla testa, finché il più grosso non gli provoca una profonda ferita sulla fronte; è in strada che si svolgono i riti religiosi, le processioni, come quella del Carmine o di Santa Maria la Beata, a cui partecipano tantissimi stiglianesi, provenienti da tutti i distretti della città, oltre che da Philadelphia, e che ricordano così il paese natio; ed è lì che incontra Nelly, il cane, per metà pastore scozzese e per metà sanbernardo, che lo aiuterà a trionfare nella prima esibizione teatrale, in una delle tante serate del dilettante, e che gli schiuderà la porta dei grandi palcoscenici, fino a quelli di Broadway; è in strada che si esibiscono personaggi fantastici, artisti che svolgono magie uniche, che lui aspira ad imitare, ed è lì che alterna all’attività di strillone il canto, il ballo o si propone come mimo, giocoliere o equilibrista, per poi passare, con il berretto in mano, a raccogliere i primi frutti delle sue esibizioni.
Ed è ancora sulla strada che Jimmy, descritto in età avanzata, si esibisce, ricordando le origini, ancora una volta living statue, per allietare i bambini di passaggio, al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico: fra la cinquantasettesima e la Sesta Strada a New York e, appena tre mesi prima della morte, in una piazza di un paesino in provincia di Terni, Ameria.
Oltre a costruire il suo futuro, imparando a correre veloce al punto da vincere tutte le gare studentesche a cui partecipa, 100, 220 e mille iarde, si irrobustisce in una palestra ricavata in casa con attrezzi presi in cucina e nella bottega del padre, al punto da tenere in bilico, sul mento, tutte le sedie di casa e ciò mentre fa volteggiare per aria gli oggetti più disparati. Diventerà the Child Wonder Juggler, il meraviglioso bambino giocoliere del circuito Orpheum, con l’obbligo dei calzoni corti, nella vita e sul palco, ancora in piena pubertà. Altrettanto curato il rapporto di Jimmy, grazie al padre, con la sua gente, che sviluppa il suo senso di appartenenza ad una comunità, in particolare a quella degli emigrati stiglianesi di New York:
Mio padre era il segretario della Società. Se qualcuno avesse oltrepassato la misura, era suo compito riportarlo alla ragione. Mio padre aveva dei capelli bellissimi, folti e ricciuti, tagliati corti che stavano su dritti. La sua fronte era solcata da rughe, come le corde del bucato, una sopra l’altra. Ogni domenica mattina si faceva radere da Cavolfiore, il barbiere col dente d’oro. Mio padre stava bene con il talco sul viso. Era alto cinque piedi e undici (un metro e ottanta circa n.d.r.), e in un certo qual modo per me lui somigliava a George Washington con l’unica differenza che aveva i baffi.
Dunque un bell’uomo, curato, elegante , estremamente socievole, vive la sua appartenenza e le sue origini, assieme agli altri stiglianesi organizza le processioni dalla 104ª Strada alla 116ª Strada, tra la Avenue A e la Seconda Avenue, e porta, lui stesso, in spalla, la statua della madonna del Carmine, il 16 di Luglio. Rispettato al punto di divenire il Segretario della Società degli Stiglianesi, che, come ci ha raccontato Antony Bonelli, stiglianese residente a New York, in un post su Facebook, era una società di mutuo soccorso:
Carissimo Felice, la “Società degli Stiglianesi” di New York era un’associazione di Stiglianesi che si interessava a soccorrere Stiglianesi appena giunti a New York! Assisteva gli Stiglianesi nella ricerca di lavoro, elargiva soccorso finanziario, li istruiva nell’uso della lingua inglese, aiutava a compilare moduli di domanda per ottenere la cittadinanza americana e così via! Era di grande aiuto alla Chiesa Cattolica che si occupava degli emigranti italiani in generale! L’ultima volta che ebbi contatto con la Società fu’ negli anni ‘80 quando il compianto parroco don Alberto Di Stefano venne in visita a New York! Sto ricercando attivamente sulla esistenza della società! Appena avrò un risultato positivo ti farò sapere! La Società era attiva nella città di New York e nella contea del Westchester! Ciao e a presto risentirci un affettuoso saluto amico Anthony! P.S. sto’ facendo ricerche anche sul grande Jimmy e sulla sua famiglia!
Esemplare l’episodio di Nicola, il sarto balbuziente con una bella moglie, forse troppo più giovane di lui:
Lui disse che sua moglie se n’era scappata con il suo aiuto. Disse che il suo aiuto aveva capelli neri ed ondulati. Disse che tutti si burlavano del suo balbettio. Riuscii a capire tutte le cose che Nicola diceva, ma ne dedussi che era infelice e sentii un forte desiderio di consolarlo. Se lui avesse potuto avere le mie biglie colorate, quanto felice sarebbe stato, pensai. Ed ora si appellava a mio padre e a Mengucci in quanto facenti parte del direttivo della Società, per costringere questo tipo a restituirgli la moglie. “N-n-noi abbiamo otto bambini piccoli”, disse Nicola. “Chi-chi-chichi si si prendera cu-cu-cu-cu-cu-cura di loro?” I due consiglieri della Società si alzarono e andarono immediatamente a cercare la moglie di Nicola e l’aiuto calzolaio. Lei fece ritorno, ma rimase lo scandalo e la chiacchiera della comunità
Si è già detto che, cronologicamente, Jimmy ha iniziato ad esibirsi per strada, cantando e ballando, con i pantaloni corti e rappezzati, ed il piattino con cui passava a riscuotere i primi frutti delle sue performance tra i passanti che si fermavano a guardarlo. E ciò avveniva, in un angolo di strada, quando faceva lo strillone o aiutava un bookmaker a distribuire le schedine delle corse per poi raccogliere le scommesse o quando era intento a spalare la neve o aiutava un fattorino a distribuire la sua merce, porta a porta! Successivamente trionfa, prima come cantante, poi come giocoliere ed equilibrista, nelle tante serate del dilettante, anticamera per i teatri di vaudeville prima, di burlesque poi, dove Jimmy aggiunge, all’equilibrismo e alla giocoleria, la pantomima e l’ironia, cui ricorre, quando, come spesso gli accade, i numeri di prestigio non gli riescono perfettamente.
Il Vaudeville
Antony Slide, nella sua Enciclopedia del Vaudeville (The Encyclopedia of Vaudeville – 1994), ci dice che Jimmy, presentato come the Child Wonder Juggler, il meraviglioso bambino giocoliere entra, ancora adolescente, a far parte del circuito Orpheum, specializzato in vaudeville con teatri in diverse città americane, da costa a costa, il che comporta un precoce allontanamento di Jimmy dalla famiglia; George Freedley, curatore della Collezione Teatrale della New York Public Library, ci dice, inoltre, che la sua prima apparizione professionale si ebbe, a NY, al Victoria Theatre di Hammerstein nel 1912 (l’immagine a lato mostra la locandina in cui compare per la prima volta, in piccolo e sull’ultima riga, il nome di Jimmy, tratta da I Bow to the Stones, già citato).
Un anno dopo, ero uno dei diciassette numeri di vaudeville che si rappresentavano all’Hammerstein Theater, in New York. Era uno straordinario cartellone che aveva come attrazione principale due dei più grandi comici del momento: Bedini e Arthur, insieme a Jack Johnson, il campione di pesi massimi che nel suo numero faceva tre round di boxe, Wilkie Bard, che cantava buffe canzoni, Julian Eltinge, il famoso attore che recitava in vesti femminili e Mlle Polaire , che si era costruita una reputazione internazionale come la più brutta donna al mondo.
Ma mentre la Polaire è in cima al cartellone, lui è in coda e comincia per primo lo spettacolo, quando il teatro inizia, lentamente, a riempirsi, ma poco importa: questa esperienza è una impagabile palestra di arte varia! Se la Polaire incuriosisce Jimmy quando la osserva da vicino, quasi da pari a pari, e scopre il buffo anello che la divina porta al naso e la sente lamentarsi della perdita di quella cara bestiola, Mimì, che era solita portare a guinzaglio: un grazioso maialino domestico, tutte le attenzioni Jimmy le riserva agli altri componenti della troupe per capire come si organizzano, come studiano e propongono i loro numeri, come cercano di attirarsi le simpatie del pubblico, con effetti speciali di ogni tipo:
Da Bedini e Arthur imparai che conviene avere degli efficienti aiutanti se devi allestire una scenetta comica. Loro avevano un aiutante, un giovane con degli enormi, scuri, occhi sporgenti e lui li assisteva con gli oggetti di scena, rompendo piatti e producendo altri rumori fuori scena. L’aiutante di Arthur e Bedini mi fece una grande impressione. Ricordo anche il suo nome, oggi. Era Eddie Cantor
E proprio Eddie Cantor così lo descrive nell’ultima di copertina di I Bow to the Stones
Ho conosciuti pochi uomini durante la mia vita, la cui arte dovrebbe essere ricordata per sempre. Jimmy Savo è stato davvero un grande contributo al mondo dello spettacolo e uno dei clown più importanti al mondo. Con il suo volto da folletto poteva fare più di ciò che molti comici avrebbero potuto fare con mille parole. Una volta visto, il grande Savo non poteva mai più essere dimenticato. Anche se piccolo di statura, è alto dieci piedi nella mia memoria. Eddie Cantor (attore, sceneggiatore, regista)
Il Burlesque
Il passaggio dal vaudeville al burlesque viene giustificato da Jimmy con un decisi che il vaudeville era molo costoso. Ma Jimmy nasconde ben altro! Il burlesque, con la marcata presenza femminile, introduce elementi trasgressivi, sia pur in modo prima ingenuo e scollacciato, poi sempre più orientato verso lo spogliarello e si può immaginare l’effetto che ciò poteva avere su un giovane che, finalmente, poteva abbandonare i calzoncini di velluto corti che, per contratto, doveva portare, sia su un palco che nella quotidianità, per indossare, finalmente, calzoni lunghi, più adatti ad un adolescente e alle sue nuove esigenze e pulsioni. Non lo dice esplicitamente, ma non è difficile, da parte nostra, immaginare che la compagnia di 20-girls-20, come spesso, sulle locandine teatrali, venivano presentate queste graziose signorine, che finiscono il numero senza quasi più nulla addosso, alle sue spalle, mentre lui fa i suoi numeri di giocoleria ed equilibrismo, fosse molto più interessante e gradevole di quella delle signore del vaudeville, le torch-singer, sempre pronte a piangersi addosso per via di amori finiti male o, addirittura, mai nati!
Il passaggio di Jimmy dal vaudeville al burlesque fu facilitato, negli Stati Uniti, dal fatto che nel burlesque veniva ugualmente ospitata la clownerie e la giocoleria, proprie del vaudeville, ma mostrate in contesti del tutto diversi:
“Ho un’idea”, lui disse; “questa sarà una cannonata finché non escogitiamo un numero comico per te. Ascolta. Ti organizzo un numero equestre, come al circo. Ci metto sedici belle ragazze in abito da cavallerizza sul palcoscenico dietro di te e tu fai il tuo numero da giocoliere, quello che fai di solito. Ma finiamo in un modo straordinario. Tu tieni in equilibrio una delle ragazze seduta sul tuo cavallo di cartapesta e le altre si spogliano, sai, velocemente. Poi prima che uno se ne renda conto, tutto avviene all’istante. La ragazza e il cavallo vengono giù, le altre corrono all’impazzata fra le quinte”.
A parlare così è un impresario di burlesque, perennemente in canottiera, con un grosso sigaro spento tra le dita.
Io non vidi mai comunque cosa succedeva alle mie spalle, perché tenevo in equilibrio il cavallo e quando calava il sipario, tutto ciò che potevo vedere erano le ragazze che correvano via, raccattando i loro vestiti.
Ma qui è difficile credergli perché al calare del sipario, quando tutto veniva giù fragorosamente e le ragazze cominciavano a correre via, fermandosi a raccattare i vestiti, Jimmy, con il suo cavallino, proprio come il cavallo di rincorsa nel palio di Siena, ha una visione perfetta per puntare alla più bella e per continuare la corsa, oltre le quinte, magari fino a raggiungerla nei camerini.
Da una punto di vista economico il miglioramento non era apprezzabile dal momento che, addirittura, l’impresario in canottiera e sigaro aveva iniziato col proporgli un compenso settimanale inferiore a quello di cui aveva goduto nel vaudeville, ma la trattativa può proseguire perché ci sono due aspetti che lui trova interessanti: da una parte l’idea che tutte le spese di viaggio, comprese quelle per gli ingombranti manufatti di cartapesta, uno struzzo ed un cavallo, fossero a carico dell’impresario, contrariamente a quanto avveniva nel vaudeville, e, dall’altro, la promessa che avrebbe potuto, appena pronto, esibirsi come attore comico. Il che puntualmente avvenne quando, in una tappa, proprio a New York, presso il prestigioso Columbia Theater, fra la 47ª Strada e la la 7ª Avenue, un teatro famoso per il burlesque come il Palace lo era per il vaudeville, il secondo comico, che faceva da spalla al primo, si ammalò al punto di non poter stare in piedi. Jimmy era pronto per quella parte, l’aveva studiata in ogni suo dettaglio da tempo, e quando il Direttore della compagnia gli chiese se se la sentiva di entrare in scena, il suo entusiasmo contagiò anche il Direttore di scena:
Nella mia apparizione d’apertura facevo la parte di un inglese e indossavo una lunga giacca grigia con code, finalmente dei pantaloni lunghi, un cappello a cilindro e un monocolo. Ma quando mi giravo di spalle al pubblico, ai miei pantaloni… mancava il sedere!
E’ l’inizio del suo successo che continuerà a Broadway quando, nell’Aprile del 1937, furono, prima revocate e poi non più rinnovate le licenze di tutti i locali di burlesque di New York, per volere del sindaco, l’italo americano Fiorello La guardia, perché li riteneva promotori di sentimenti immondi, prendendo spunto dalla denuncia di alcuni cittadini indignati.
La storia del burlesque è un storia interessante perché dà la misura dell’evoluzione del comune senso del pudore in America: ad esempio con l’introduzione, da parte dei leggendari fratelli Minsky, gli inventori del genere Minsky’s Burlesque, della passerella che avvicina pericolosamente le 20-girl-20 nella passeggiata finale ad un pubblico entusiasta e caloroso, o la misura dei copri – capezzoli delle ballerine che altrimenti sarebbero state costrette all’immobilità, o del G-String, cioè di quella specie di tanga che copriva loro il pube e che, spesso, veniva, distrattamente, dimenticato nei camerini. E poi protagoniste oltre che generose, eleganti e professionali, come Gipsy Rose Lee, la donna che inventò lo spogliarello, Dixie Evans, Margie Hart, Tempest Storm, Ann Corio, anche lei di origini italiane, Faith Bacon (nell’immagine al lato) ecc. tutte molto legate a Jimmy, con cui avevano lavorato, e che, con fiori e telegrammi, gli sono vicine anche quando, alcuni anni dopo, subisce l’amputazione di una gamba. Tutte generose, preparate ed impegnate, perché dopo aver allietato per tanti anni una entusiasta generazione di giovani americani, si dimostrarono capaci di emergere anche nella vita economica, politica e sociale del paese, per indubbie capacità personali e professionali: dagli spettacoli per i militari al fronte, alla raccolta di fondi per vedove e orfani, dal governo di alcune città, alla narrazione della propria esperienza sia con la pubblicazione di libri di memorie sia con la realizzazione di evocativi spettacoli teatrali. Di tutto ciò si parlerà in dettaglio nella pagina dedicata al burlesque, come pure del tentativo di riproporre, nel 1942, questo genere di spettacolo, in contesti più sofisticati, e cioè in un teatro di Broadway, e che finisce ugualmente male:
Non in programma: un imprevisto viaggetto in tribunale, quando il dipartimento di Polizia ebbe da obbiettare su uno sketch in cui ero coinvolto. (Jimmy in una appendice a I Bow to the stones)
Jimmy mette su famiglia
Jimmy Savo sposa il 1° luglio 1918 in Newark (New Jersey) l’attrice Frances Victoria Browder, in arte Franza, con cui aveva recitato, sia pure per un breve periodo, nei teatri di vaudeville e con cui tornerà a recitare in due importanti occasioni: la prima, a 6 anni dal matrimonio, in Vogue of 1924 allo Shubert Theatre con 114 repliche e la seconda, nella settimana del 4 novembre 1928, in uno spettacolo di vaudeville nello storico BF Keiths Palace Theatre, a New York City, considerato il tempio di questo genere di spettacolo, in un numero intitolato Slow Motion. Da questa unione, il 16 dicembre 1918, nasce Jimmy Vincent Savo junior (scomparso nel 2002). Jimmy Junior sposa Adah Deborah Ball da cui ha tre figlie: Joan Deanne Savo nata il 10 settembre 1941, Jane Elizabeth Savo e Deborah Junior Savo nate entrambe a Los Angeles (California) rispettivamente il 10 gennaio 1946 e il 30 Aprile 1956. E’ grazie alla disponibilità delle nipoti di Jimmy che abbiamo potuto consultare ed utilizzare le immagini, le foto, le locandine, messe a disposizione degli amici e dei tanti estimatori del comico di origini stiglianesi ed anche alcuni dei loro ricordi personali legati al nonno ed alla nonna.
Grazie a loro abbiamo appreso come, anche dopo il divorzio, Jimmy passasse molto del suo tempo con le nipoti, tutte le volte che si recava in California per prendere parte a spettacoli televisivi, in genere dedicati ai bambini. Così pure della malattia respiratoria per cui era morta la mamma e di cui soffriva lo stesso Jimmy, ma, come detto, la riservatezza ha impedito loro di raccontarci dell’incontro sui palchi del vaudeville o del burlesque fra il nonno e la nonna, e del loro innamoramento che probabilmente sarà avvenuto in modo coerente alla esibizione dei due, nel ‘28, allo Shubert Theatre , piuttosto che, come in modo irriverente e malizioso, abbiamo immaginato, e cioè che Franza fosse una delle 20-girl-20, che si esibivano alle spalle di Jimmy che era impegnato a reggere, in equilibrio, sul mento, il cavallo o lo struzzo di cartapesta, o addirittura che fosse quella che si esibiva proprio seduta, come Lady Godiva, personaggio che Jimmy era solito citare nei suoi aforismi, proprio sul cavallo e che veniva giù insieme al resto. In questo caso la rincorsa iniziata sul palcoscenico non si sarebbe fermata nei camerini ma sarebbe poi proseguita fin sull’altare. Il divorzio è del 1935 ed è verosimile che mentre la famiglia viva in California, Jimmy sia sempre più spesso lontano, impegnato principalmente a Broadway.
D’altra parte l’incontro con la seconda moglie, la giornalista italo americana Lina Farina, è descritto dai protagonisti proprio come una specie di sodalizio, una intesa che nasce dalla attività artistica di Jimmy. Lina, infatti, ha iniziato come cronista e poi ha continuato come titolare di rubriche, quotidiane e periodiche, sulla stampa specializzata sul mondo dello spettacolo, ha anche curato la traduzione in italiano di alcuni testi di Samuel Beckett e di altri autori del teatro dell’assurdo. Pertanto segue da tempo la carriera di Jimmy e, alla vigilia dei suoi maggior successi, gli chiede una intervista e si sente rispondere “solo se mi sposi”
Dopo tutto, non ci eravamo conosciuti per la prima volta quando ero stata mandata a intervistarlo per un quotidiano di New York? Il nostro matrimonio venne conosciuto come l’intervista mai finita. Jimmy mi dettò il resto della sua vita, ma questa è un’altra storia.
Grazie a Lina, Jimmy riesce a gestire i momenti di grande sconforto seguiti a quelli euforici dei suoi maggior successi: agli inizi degli anni ’40 Jimmy vive una profonda crisi professionale. Sullo sfondo della II guerra mondiale, Il mondo dello spettacolo sembra averlo dimenticato. Dopo il trionfale 1938, con due lungometraggi ed il musical di maggior successo, The Boys from Syracuse, viene trascurato da Hollywood e incappa in tre flop di fila a Broadway, addirittura sospensione dello spettacolo ed il carcere per il produttore di Wine, Woman and Song. In aggiunta Jimmy subisce l’amputazione di una gamba, fin sopra il ginocchio, presso il Memorial Hospital di New York e l’anno successivo viene nuovamente ricoverato per problemi polmonari. E’ anche merito di Lina la ripresa delle attività di Jimmy in tv e nei cabaret e, soprattutto, il ritorno in Italia che permette alla sua storia di riagganciare un filo, sia pure esile, con il nostro paese e, in prospettiva, anche con la gente di Stigliano. E di ciò si parlerà diffusamente nella sezione dedicata alla maturità dell’artista.
Broadway o Hollywood ?
Debuttando come attore, Jimmy pone termine ad un lungo apprendistato vissuto nei teatri di vaudeville di tutta l’America e sente di poter ben figurare su palcoscenici più impegnativi, costretto dalle vicissitudini che accompagnarono gli spettacoli di burlesque che iniziavano su un palco ma, molto spesso, finivano nei commissariati di polizia, con la conseguente sospensione delle licenze.
Qualcuno poi mi disse che il direttore generale del Columbia aveva chiesto al direttore dello spettacolo: “Chi é quel comico? Non l’ho mai visto prima.”
“Non è un comico”, disse il direttore dello spettacolo. “È il giocoliere del nostro show”.“Quello è un comico “ disse il direttore del Columbia.“Digli di dimenticare l’arte del giocoliere. Digli di buttar via il suo struzzo ed il suo cavallo di cartapesta”
Ma quali prospettive si presentavano a Jimmy Savo? Cosa offriva il mondo dello spettacolo in quel periodo? Agli inizi degli anni ’20, tutto il paese fu scosso da una serie di scioperi di natura salariale che dettero luogo anche a rivolte razziali: iniziate a Chicago a fine luglio, portarono ad episodi violenti, come il linciaggio di 76 uomini di colore negli stati del sud. Anche nel mondo delle spettacolo ci fu la chiusura forzata di tutti i teatri fino a che gli impresari non aderirono alla richieste della Actors Equity Association, il sindacato degli attori e attrici che raccoglieva anche le richieste delle maestranze teatrali, ragazze del coro, macchinisti ecc. Fra i principali sostenitori del sindacato attori c’è anche una grande attrice, cara amica di Jimmy, con lui nell’immagine, Ethel Barrymore, che, assieme a fratelli, genitori e zii, la cosiddetta famiglia reale di Hollywood, furono tra i primi a sospendere, e a lungo, i loro spettacoli, per solidarietà con gli attori in sciopero. L’accettazione delle richieste salariali, da parte degli imprenditori, permise una riorganizzazione della produzione teatrale che dette nuovo impulso al settore. Broadway si preparava, infatti, ad accogliere quella generazione di attori provenienti dal vaudeville, e dai music-hall, allestendo spettacoli grandiosi, ricorrendo a protagonisti e musicisti famosi, puntando su brani musicali popolari ed orecchiabili, sulla composizione di balletti con tantissime belle donne e figurazioni piuttosto complesse, costumi appariscenti ecc. E’ questo il genere di spettacolo prodotto, ogni anno, dal 1907 al 1931, da Florenz Ziegfeld, le Ziegfeld Follies, ispirate alle Folies Bergére parigine. Ma, così come avveniva nel vaudeville, non c’era nessun filo conduttore plausibile fra un numero e l’altro, non c’era una storia da raccontare, capace di dare un senso di compiutezza all’intera rappresentazione ma, già a partire da 1927, con lo spettacolo Show Boat, con la celebre Ol’ Man River, ancora grazie a Florence Ziegfeld, il genere subisce una profonda trasformazione con la impostazione di un libretto, cioè di un testo, con dialoghi, trama e intreccio, considerato di pari importanza rispetto alla partitura musicale, che tende a sottolineare i momenti significativi della narrazione. Sono queste le commedie musicali che vanno in scena a partire dalla fine degli anni ’20 e che segnano l’epoca d’oro di Broadway grazie alle produzioni artistiche di musicisti brillanti come George Gershwin, Irving Berlin, Cole Porter,e la coppia Rodgers&Hart: insieme a loro anche Jimmy entrerà nella storia e nella leggenda dello spettacolo musicale americano.
Ma i vaudevillans erano ricercati anche dalla nascente industria cinematografica del paese, che, ancora alle prese con il muto, si avviava a celebrare la nascita della settima arte. Innanzitutto c’è una migrazione dall’Atlantico al Pacifico delle società protagoniste dell’età dell’oro del cinema: a Hollywood e nelle vicinanze costruiscono i loro Studios, via via, Metro-Goldwyn-Mayer , RKO-Radio, Twentieth Century-Fox, Warner Bros. e Paramount, cui seguono Columbia, Universal, United Artists e, infine, Walt Disney Company. Il clima mite della regione che facilitava la possibilità di girare, per molte ore al giorno, esterni, con un evidente abbattimento dei costi di produzione e la non meno trascurabile circostanza della vicinanza con la frontiera messicana, utile per evasori e bancarottieri, in una era che appariva ancora pionieristica, permisero uno sviluppo rapido dell’industria cinematografica americana, grazie anche alle notevoli difficoltà delle produzioni concorrenti europee, in crisi durante la prima guerra mondiale e nel periodo successivo.
Nonostante si fosse ancora all’epoca del muto, nel 1920, con la produzione di ben 796 film, Hollywood era già capitale mondiale del cinema: le società produttrici più potenti, lavoravano in modo sinergico, elaborando regole e codici di comportamento efficaci e condivisi, curando la distribuzione più vasta e capillare dei prodotti, anche all’estero, alimentando la passione dei fans, con riviste, fanzine e trasmissioni radiofoniche che raccontavano tutto sullo star system, creando nuovi generi che incrociavano e riflettevano i gusti di una platea ormai mondiale.
La rapida ascesa dell’industria cinematografica statunitense, fu capace di assorbire le crisi violente come la depressione economica e il crollo di Wall Strett; riuscì anche a metabolizzare il radicale cambiamento, anche tecnologico, provocato dall’introduzione del sonoro, che, da una parte trovò impreparati molti dei protagonisti del muto e, dall’altra, portò molti critici a pronosticare che Hollywood avrebbe definitivamente spento le luci di Broadway e che la nuova arte avrebbe seppellito tutte le altre. Non fu così e Jimmy ne era pienamente consapevole, dal momento che, pur condividendo una parte del percorso del cinema delle origini con gli altri grandi del vaudeville, Chaplin, Keaton, Lyoid, Laurel and Hardy,ecc, rivolge la maggior parte delle sue attenzioni al musical.
Innanzitutto Jimmy non ha alcuna difficoltà nel canto e nel ballo, avendo cominciato con i ragazzi del coro della chiesa di San Gerolamo, fra la Alexandre Avenue e la la 138ª Strada e poi continuato, per anni, sui marciapiedi di New York, prima di proporsi nei teatri di vaudeville e burlesque. Inoltre vive un rapporto magico col pubblico, avendo una sensibilità particolare per comprenderne gli umori, spesso dialogando e coinvolgendolo nei suoi sketch, pronto a sorprendere sempre più con continue innovazioni del suo repertorio. Per capire la magia di questo rapporto basta guardare alcune immagini delle sue esibizione nel Café Society in cui i tavolini degli spettatori finivano fin sul palco su cui si esibivano gli artisti. Va detto che la scelta di Jimmy si è rivelata molto felice anche per noi dal momento che, non essendoci l’abitudine di registrare con macchine da presa gli spettacoli teatrali, possiamo ammirare le sue performance, le sue capacità recitative e i suoi talenti di show man, attraverso i lungometraggi e gli spettacoli televisivi giunti fino a noi e apprendere tutto degli spettacoli teatrali grazie alle riviste specialistiche, alle fanzine, spesso corredate da tante immagini, e dai tanti volumi sull’epoca d’oro di Broadway che continuano a registrare i suoi successi. L’esordio al cinema è del ‘21 con alcuni corto mentre il debutto a Broadway è del ‘24, pertanto cominciamo dal cinema, ma evidentemente, gli eventi vanno visti in continua connessione temporale come si é cercato di raffigurare nella milestones “Broadway o Hollywood ?“.
Jimmy alla conquista di Hollywood
Al suo esordio cinematografico la critica lo paragona subito al silenzioso clown Charlie Chaplin. (The Hollywood reporter) e poi quello squisito e adorabile clown di Jimmy Savo […] per alcune capacità indiscutibili dell’integrità personale, per uno stile comico che, come solo per Chaplin, non ha in sé nulla di imitativo, volgare, economico, presuntuoso, auto-glorificante o sdolcinatamente commerciale. (The New Yorkt Time, DEC. 2, 1936).
Abbiamo già accennato al fatto che quasi tutti gli attori che provengono, come Jimmy, dal vaudeville, dalla giocoleria, dall’equilibrismo, dal funambolismo e dalle acrobazie sono i naturali protagonisti, i più corteggiati dalla nascente industria cinematografica americana, dal momento che le doti mimiche sono ritenute essenziali nell’epoca del muto, assicurando, grazie alla loro espressività, la giusta interpretazione della narrazione cinematografica. Siamo nell’epoca delle comiche e quasi tutti gli attori provenivano dal vaudeville ed erano stati ingaggiati essenzialmente da due case cinematografiche prestigiose e tra loro antagoniste. Mente alla Keystone, del cineasta Mack Sennett, l’inventore di un genere cinematografico che conquistò tutto il mondo e dette fama internazionale ai propri attori, il cosiddetto slapstyck (schiaffo e bastone) andarono Charlie Chaplin, Buster Keaton, Ben Turpin, Harry Langdon e “Fatty” Arbucke, alla Rolin, poi diventata Hal Roach Studios, di Hal Roach andarono, tra gli altri, Harold Lloyd, Stan Lauren e Oliver Hardy, oltre al più bravo sceneggiatore di Sennet, Richard Jones, che preferì cambiare casacca.
Nessuna forma di spettacolo è stata celebre come il cinema comico americano. Dalle lande più sperdute dell’Asia ai circoli intellettuali della vecchia Europa, tutti hanno conosciuto e conoscono Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, Buster Keaton. Basta una loro immagine, avvolta dallo splendore del bianco e nero, a suscitare in noi un senso di riconoscenza: quella che portiamo a chi ci ha fatto divertire senza farcene vergognare (Enrico Giacovelli in Torte in faccia e calci nel sedere)
Ma sempre più spesso appare evidente che le torte in faccia o lo schiaffo e bastone diventavano metafora e, allo stesso tempo, anticorpo delle difficoltà vissute da chi era alle prese con le gravi crisi sociali, la depressione economica, la disoccupazione, le guerre, le alienazioni causate dalla progressiva introduzione delle macchine in tutte le attività lavorative, la povertà, la fame.
Jimmy non viene annoverato fra la troupe del lapstick anche se gira, agli inizi degli anni ’20, alcuni corti con i principali collaboratori di Sennett, primo fra tutti Slim Summerville, prima attore poi collaboratore e regista di Mack, uno dei Keystone Cops, il mitico gruppo di poliziotti maldestri ed incapaci. Successivamente gira un poliziesco con Frank O’Connor, che lavora con Hal Roach. Nello stesso periodo esordisce a Broadway con Vogue of 1924, uno spettacolo di successo che tiene il cartellone per 118 repliche, ma riceve una offerta irrinunciabile dal Governo canadese, che si appresta a produrre il primo lungometraggio interamente realizzato in Canada, e costato una cifra enorme per quei tempi, mezzo milione di dollari, Carry on, Sergeant!. Questo lungometraggio fu voluto dal governo canadese per ricordare la partecipazione del paese alla prima guerra mondiale e per onorarne i caduti. Facendo parte dell’impero britannico, il Canada aveva l’obbligo di partecipare alle attività belliche che interessavano l’Inghilterra e, pertanto, schierò i propri uomini a fianco degli alleati, contro la Germania, presso il confine europeo franco-belga-tedesco. Questo lungometraggio è considerato un grande successo del governo che fece ricorso esclusivamente ad attori e maestranze esclusivamente anglo-canadesi, fatta una sola eccezione: il ruolo di Syd Small, quello del buffone della compagnia, è affidato ad un italo americano, un grande pantomimo che ha appena esordito a Broadway: Jimmy Savo! In uno dei sottotitoli del film muto si legge:
Syd Small ha deciso di arruolarsi: A questo punto la guerra può avere inizio!
Fortunatamente la pellicola, sebbene risalente all’epoca del muto, è stata giudicata imprescindibile e significativa oltre che per l’industria cinematografica canadese anche per la storia di quel paese ed è stata riparata, restaurata e digitalizzata e, grazie a ciò ci restituisce l’immagine di un attore a tutto tondo, capace di provare e provocare una grande varietà di sentimenti, interpretando il ruolo di un giullare, di un buontempone che, al momento opportuno, sa trasformarsi in un eroe drammatico. In un certo senso è l’antesignano di Gassman e Sordi ne La grande guerra di Monicelli.
Se in Carry on, Sergeant! Jimmy è un brillante coprotagonista, in Once in A Blue Moon, un altro dei film che è stato conservato e restaurato, grazie alla Paramount, è il protagonista assoluto. Il film presentato, a lungo, in periferia, giunge, nel 1936, in un cinema di Broadway, dove Jimmy è, ormai, di casa:
In Once in a Blue Moon eccezionale performance dello “squisito e adorabile clown Jimmy Savo , amabile, fragile, infinitamente toccante”. […] “Gli occhi brillanti, le lucide, paffute guance, la bocca allegra, il colletto clericale, rappresentano l’apoteosi di Jimmy” – Brooks Atkinson S. (critico cinematografico del NY Times)
Rimandiamo alle pagine di approfondimento sul cinema ed alla scheda dedicata al film gli attestati di grande simpatia e ammirazione per Jimmy e di critiche feroci alla scorbutica regia di Hecht, ma è evidente come questo film rappresenti una tappa importante non solo per la sua vicenda artistica ma anche per la storia personale di Jimmy. Ma anche una occasione persa se si pensa che per l’occasione Ben Hecht lo pone sotto contratto per 7 film, fonda, insieme a Charles MacArthur, una propria casa cinematografica, la Hecht MacArthur Production, si appoggia alla Paramount per la distribuzione, utilizza gli studi Astoria di New York per gli interni e inizia una nuova avventura, come regista, impegnando in questo progetto tutti i suoi risparmi. Purtroppo il film non incassa quanto si sperava e Ben Hecht è costretto a rinunciare ai suoi progetti e a tornare alla sceneggiatura. Per di più il regista e quasi tutti gli attori sono immigrati russi, alcuni interpretano verosimilmente loro stessi, o comunque personaggi reali, nella storia della rivoluzione bolscevica e, molti di loro finiranno, per questo motivo, nel mirino della Commissione per le attività antiamericane, HCUA: alcuni di loro ritorneranno a lavorare nel settore dello spettacolo solo negli anni ’60. E’ la Commissione che mette sotto processo Hollywood, pubblica una black list, con centinaia di nomi, tutti accusati di spionaggio e di altre attività contrarie agli interessi nazionali. Anche Charlie Chaplin finirà nel mirino degli investigatori: essendo cittadino inglese, si approfitterà di un suo viaggio in Inghilterra per ritirargli i permessi di soggiorno e tenerlo, a lungo, lontano dagli Stati Uniti. Jimmy ha la cittadinanza americana e non rischia la stessa sorte ma è probabile che sia anche questo un buon motivo per programmare, negli anni successivi, le sue vacanze estive in Italia, come si racconterà nelle pagine dedicate alla maturità.
L’ultimo lungometraggio che ci è pervenuto in ottimo stato è Merry-Go-Round of 1938, un film musicale della Universal Studios’, che segue una abitudine invalsa nella produzione hollywoodiana dell’epoca, quella di prevedere e promettere un sequel, negli anni successivi, anche se ciò, poi, non si è avverato per tutte le case cinematografiche. E’ anche grazie a questo film che 4 grandi del vaudeville, il comico Bert Lahr, l’artista della pantomima Jimmy Savo , il monologhista Billy House, ed il veterano di Hollywood, Mischa Auer hanno l’occasione di regalarci alcuni pezzi importanti del loro repertorio. Jimmy si esibisce come cantante e ballerino, con il suo passo del gambero su una gamba sola, e mimo, con la sua celebre e drammatica interpretazione di River Stay Away from My Door.
Jimmy alla conquista di Broadway
In poco meno di 20 anni Jimmy prende parte ad una decina di commedie musicali, nel quartiere delle luci, Broadway, con più di 900 repliche ed è testimone e protagonista delle tappe più significative di quella storia, dalla sua epoca d’oro, a partire dagli anni ’20, attraverso gli anni della grande depressione e della guerra, fino alla rinascita iniziata nel dopoguerra. Basta scorrere i nomi dei musicisti con cui ha lavorato per capire la grande considerazione in cui era tenuto nel suo ambiente: Ira e George Gershwin, gli autori di Rhapsody in Blue (1924), Porgy and Bess (1935) con le spendida Summertime, e l’altrettanto famosa The man i love da Lady Be Good, Richard Rodgers e Lorenz Hart, gli autori di Blue Moon, My Funny Valentine , The Lady Is a Tramp, This Can’t Be Love, Falling in Love with Love, e Frederick Loewe e Alan Jay Lerner, gli autori di Gigi e My Fair Lady con la famosa I Could Have Danced All Night .
Jimmy, ai suoi esordi, partecipa a commedie musicali che, similmente a quanto avveniva nel vaudeville, non prevedevano lo sviluppo di una trama o di una storia, ma si articolavano in numeri che si susseguivano, l’uno all’altro, e che basavano tutto il loro fascino su attori e musicisti famosi, puntando su brani musicali popolari, sulla composizione di balletti con tantissime belle donne in figurazioni piuttosto complesse e costumi appariscenti. E’ il caso dei primi musical cui Jimmy prende parte: Vogue of 1924, Murray Anderson’s Almanac, Earl Carroll’s Vanities e dell’ultima sua esibizione Wine, Women and Song. Poi, come già riferito, il genere subisce una profonda trasformazione con la impostazione di un libretto, cioè di un testo, con dialoghi, trama e intreccio, considerato alla stessa stregua della partitura musicale, che diventa funzionale ai momenti significativi della narrazione. E’ questo il caso di The Boys from Syracuse e di What’s Up, grazie ai quali Jimmy entrerà, dalla porta principale, nella storia dello spettacolo musicale americano.
Ma fin dalla fine degli anni ’20, anche il musical è percorso da una vena irrequieta, a volte buia, che si occupa delle condizioni di vita in cui versano le classi lavoratrici, della depressione economica, delle dittature che si affermano in diversi paesi, dei venti di guerra che cominciano a soffiare in tutto il mondo. E’ in questo contesto che anche il musical comincia ad affrontare importanti temi sociali, dando vita ad un vero e proprio genere, una satira, dunque, in alcuni casi più pungente e caustica, in altri più addolcita o magari goliardica, anche grazie alla mediazione della musica.
la banalità della commedia musicale tradizionale cominciò a cedere alla maturità e alla realtà. I libretti criticano l’establishment politico; gli autori di canzoni riconoscono l’esperienza della gente comune[ … ] Durante gli anni Trenta l’America stava perdendo una confusa auto-fiducia che non si è mai più ripresa. Ma i documenti e i commenti di Mr. Green (autore di Ring Bells, Sing Sons!, n.d.r.) lo indicano: il teatro musicale non stava perdendo altro che adolescenza e ingenuità (Brooks Atkinson, critico del The New York Times)
Non è una sorpresa che Jimmy, l’immigrato di origini stiglianesi, che ha vissuto l’adolescenza nel retrobottega di un ciabattino, sarà fra quelli che, consapevolmente e generosamente, si presteranno ad interpretare questo genere di spettacolo e a denunciare questo profondo malessere sociale. Comincia, nel 1927, con i Gershwin in Strike up the Band, una corrosiva satira antimilitarista ed antibellica, pronta a denunciare i progetti espansionistici del governo americano, ma probabilmente in forte anticipo sui tempi. Dopo soli 3 anni, in Earl Carroll’s Vanities, è di scena la denuncia dei gravi danni fatti al corpo sociale americano dal proibizionismo, dalla proibizione, cioè, di ogni tipo di bevanda alcolica, che aveva provocato, a parere di Carrol, una violenta ondata di criminalità, legata al traffico diffuso ed illegale di alcolici di ogni genere. Il primo atto si conclude, infatti, con l’intero cast in scena a cantare Let Freedom Ring. (Lascia che suoni la campana della libertà).
Ancora nel 1935, Jimmy ha un compito molto gravoso e temerario: trasformare in una commedia musicale, Parade, presentata in un prestigioso locale di Broadway, il Guild Theatre, quello che appare essere piuttosto un atto di accusa politico, militante, ad opera di autori molto vicini alla sinistra americana. Jimmy è premiato dalla critica per questo eroico tentativo ma punito dal botteghino: d’altra parte, all’esordio, il pubblico benvestito e benpensante che immaginava di assistere alla prima di una commedia musicale come tante altre, appena messo piede in sala, si è ricreduto, avendo trovato un ambiente particolarmente ostile, e si è esibito in una precipitosa ritirata. Ma anche i lavoratori, operai ed impiegati, sono rimasti piuttosto scettici sulla scelta della tipologia di spettacolo e sulla tradizione del teatro, estranea alla loro storia. A nulla è valsa definirla e presentarla come una rivista sociale, come può leggersi sulla locandina di lato. Comunque, dopo questo esperimento, riuscito a metà, saranno tante le riviste musicali in cui si prenderanno in giro le dittature, come appare evidente dall’immagine di scena di Parade con le caricature di Mussolini, Hitler ed Hirohito, sul totem, alle spalle di Jimmy. Nella rivista Saluta , ad es., compare addirittura un Mussolini cantante e ballerino, chiamato da tutti Dictator. E’ evidente che le polizia politica italiana non era solita interessarsi delle commedie presentate a Broadway, se solo due anni dopo, Jimmy subisce un fermo, in Italia, come persona sospetta, mentre visita l’agro pontino, e si informa sulle condizioni di vita nelle paludi che venivano via via bonificate con un grande tributo di vite umane ma anche con grandi squilli di trombe. Portato in questura per l’identificazione se la cava con poco: deve solo spiegare chi sia e perché, plausibilmente, si aggiri da quelle parti.
A dimostrazione dell’estrema versatilità di Jimmy è giusto citare lo spettacolo, Mum’s the Word, definito come one man pantomime show perché prodotto, scritto e interpretato unicamente da Jimmy, con incidentalmente, musiche di Ludwig van Beethoven, Frédéric Chopin, Modest Mussorgsky e Christoph Willibald Gluck, ma tutte manomesse da Jimmy Savo, in cui può sciorinare tutto il suo repertorio di mimo, cantante, ballerino ed attore, in una serata storica (nelle immagini in basso). Ed ancora da ricordare la sua partecipazione a The Duenna, una composizione musicale composta a fine ‘700, continuamente riproposta nei secoli successivi, oltre ad una serie infinita di spettacoli di beneficenza nel periodo bellico, per intrattenere i soldati in servizio, o raccogliere fondi per la Croce Rossa da destinare a profughi, vedove, orfani, reduci.
Insomma anche fra le luci che illuminano le strade e i palcoscenici di Broadway Jimmy non rinuncia ad un impegno sociale che, mano a mano che il mondo si dirige pericolosamente verso la guerra, assume sempre più una connotazione politica, a fianco degli ultimi, e che lo pone a rischio sia di qua che di là dell’Oceano: da una parte la polizia politica italiana, dall’altra Il Comitato per le Attività Antiamericane, come si racconta nelle pagine dedicate alla maturità.
iI cabaret
Fra gli impegni teatrali e cinematografici, Jimmy
faceva dischi e appariva nei night club. Per molto tempo lui fu il personaggio più importante del cittadino Café Society del circuito dei night club (ancora George Freedley).
Il 28 dicembre 1938, infatti, Barney Josephson, per un amore profondo per il jazz e il cabaret e, per la profonda ammirazione e il dovuto rispetto per i musicisti neri, non solo come artisti ma come esseri umani, aveva aperto, in una cantina del Greenwich Village, Il Café Society, da lui stesso definito il posto sbagliato per il popolo giusto.
Un amico mi aveva parlato di lui, mi raccontava che Jimmy era terribilmente scoraggiato e al verde. Avevo qualcosa in comune con lui: entrambi i nostri padri erano ciabattini e poveri […] Sapevo di lui e gli ho chiesto di raggiungermi a Uptown, presso il club. (così Barney Josephson su Jimmy Savo).
Il Café Society, racconta la Farina, fu il più prestigioso night club di New York: Fu aperto nel 1938 in Sheridan Square, nel Greenwich Village, da Barney Josephson. Fu il primo night club ‘interraziale’: al Café Society non si guardava al colore della pelle!…
Ed è di nuovo un grande successo: passa dai $ 450 per 10 settimane, ai $ 3.500, a settimana, fino a che, nel 1946, non subisce l’amputazione di una gamba, che, comunque, non gli impedirà una sia pur lenta ripresa presso il celebre locale di New York. Un nuovo ricovero per i problemi polmonari, che avevano causato anche la morte della giovane mamma, coincide con la chiusura del locale di Barney Josephson.
Il Café Society verrà chiuso, infatti, nel 1947, quando i proprietari furono accusati di disprezzo per la corte, dal Comitato per le Attività Antiamericane, durante il periodo della caccia alle streghe o del maccartismo. Jimmy proseguirà le sue esibizioni in altri night, a New York e a Chicago, in cui continuerà a lavorare fino agli ultimi anni di vita, alternandole con serate di beneficenza a vantaggio di reduci, orfani, mutilati e vedove di guerra.
La tv
Leggermente più fortunati i passaggi televisivi memorizzati su supporti più stabili, cui ha partecipato negli ultimi 10 anni della sua vita, perché si ha modo di apprezzarne, ancora una volta, le doti mimiche e canore in un paio di show in cui è l’ospite d’onore, come in All star Summer Revue, il 2 agosto del 1952. Di rilievo la parte finale del primo dei tre sketch, interpretati da Jimmy, che sfuma sulla musica de I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, il compositore napoletano: non solo un omaggio alla lirica, al melodramma italiano, ma una attenzione particolare per la maschera, dolce e amara, del pagliaccio, del clown, che, per molti, sintetizza e rappresenta bene tutte le altre indossate dall’artista.
Quando registrava per la televisione in California, soprattutto in spettacoli rivolti ai bambini, non mancava di far visita e soffermarsi con le nipoti che ne hanno serbato un grato e bel ricordo, testimoniato nei gruppi di discussione su FaceBook. Ancora nel 1952 è Sancho Panza, insieme a Boris Karloff e Grace Kelly, nella serie televisiva su Don Chisciotte per la CBS Television.
La maturità
Come si è già accennato e come ci ricorda ancora Lina Farina
Tutto andava a gonfie vele finché Leon Josephson, fratello di Barney, non fu convocato dal Comitato per le Attività Antiamericane e poiché si rifiutò di rispondere, fu accusato di disprezzo per la corte. Si scatenò allora una campagna di stampa da parte dei giornalisti più retrivi che costrinse i fratelli Josephson a chiudere il locale nel 1947.
Così fu chiuso il Café Society, il più prestigioso night club di New York. E’ lo stesso Comitato per le Attività Antiamericane, che mise sotto accusa e tacciò di comunismo Charlie Chaplin, Walt Disney, Robert Taylor e Gary Cooper. Sotto inchiesta anche scienziati come Albert Einstein e Julius Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica.
Non è difficile immaginare come abbia ottenuto attenzioni particolari anche Jimmy Savo assieme ad alcuni degli attori che presero parte, con lui, al film Once in a Blue Moon, quasi tutti esuli russi, con precedenti politici nella madre patria, che furono allontanati, per diversi anni, sia da Hollywood che da Broadway. Del resto Jimmy non fa alcun mistero delle sue convinzioni politiche che manifesterà, con chiarezza, nell’ottobre del 1943, partecipando ad un simposio e pubblicando un articolo di denuncia, “Il futuro dell’Italia”, sulla rivista The New Masses , un giornale marxista statunitense, uscito regolarmente tra il 1926 e il 1948, e che, verso la fine degli anni trenta, sostenne il Fronte popolare del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, come risposta all’avanzata del fascismo in Europa e, successivamente, alla Guerra civile spagnola. Questo articolo diventa un feroce atto di accusa verso il Governo Italiano responsabile della povertà di gran parte del nostro popolo, prendendo in esame quello che aveva visto, di persona, in Italia, nel’38 e nel ’39, e che accadeva nella bonifica delle paludi pontine. Immaginiamo che abbia voluto constatare di persona le condizioni di vita dei protagonisti della bonifica, peraltro esaltata della retorica e della propaganda fascista, grazie ai documentari cinematografici dell’Istituto Luce come Dall’acquitrino alle giornate di Littoria girato nel 1933, Nell’agro pontino redento e, grazie al il primo lungometraggio fascista, Sole, per la regia di Alessandro Blasetti del 1929, che non saranno sfuggiti allo sguardo attento di Jimmy. Ed ecco il suo attacco:
So che gli italiani hanno bisogno di pane. So anche questo: che quando le Paludi Pontine furono prosciugate molti operai morirono di malaria. Loro avevano bisogno del lavoro, il lavoro ili uccise. […] So che dove viveva Costantino c’era un ragazzo di 12 anni, Alfreduzzo, che in tutta la sua vita, aveva mangiato solo un uovo. E Alfreduzzo non aveva scarpe. Perciò non poteva andare a scuola. Per andare a scuola e imparare l’ABC, in Italia, un bambino deve avere le scarpe.
Nell’estate del 1938, infatti, Jimmy è in Italia, in Umbria, e deve recarsi su un poggio, a Guardea, in provincia di Terni, su cui sorge un piccolo borgo medievale, con 19 abitanti, stretti attorno ad un maestoso castello, regalo del papà della Farina alla figlia, Lina, in occasione del suo matrimonio con Jimmy. Così Jimmy intraprende, con la moglie, un viaggio in Italia, allo scopo di curare le sue proprietà. Ma l’ultimo tratto del viaggio, a dorso di mulo, lo catapulta in una realtà difficilmente immaginabile, che lo coinvolgerà come non mai, descritta nel suo romanzo breve Little World, Hello!
L’intenzione era di ripartire immediatamente ma ciò che trovano lì lo trasforma da piccolo signorotto feudale, come viene trattato con referenza e rispetto dalla gente del posto, in un agente di promozione sociale e civile, che valorizza, integra, apprezza l’umanità, dovunque la si trovi, cercando di realizzare una utopia comunistica e comunitaria. Si fermeranno e cominceranno a risanare il luogo, dal tetto del castello che fragorosamente perde pezzi che si abbattono su stanze e cortili; e non si preoccupa solo del castello, ma anche di tutte le case dei suoi abitanti. Comprerà altra terra, riorganizzerà la produzione agricola ed offrirà a tutti il suo vino e il suo aiuto. Riparte per l’America, a malincuore, ma lo attende la rivista musicale più importante della sua carriera, The Boys from Syracuse. Tornerà a Guardea tutti gli anni, nei mesi estivi, a partire dal dopoguerra. Grazie al Gruppo Archeologico Guardese, alla traduzione di Pasquale de Zio e alla realizzazione grafica di Franco Della Rosa, è possibile leggere la traduzione italiana di Salve, piccolo mondo; l’ultima edizione americana è del 1947, l’italiana è del 1998.
Dalla postfazione all’edizione americana del 1947 di Little World, Hello!
[…] D’allora in poi la carriera di Jimmy si dispiegò in tutta la sua grandezza. Oggi i critici lo considerano uno dei più grandi mimi di questo paese. Brooks Atkinson scrisse: “Jimmy appartiene all’aristocrazia della professione insieme e Charlie Chaplin, a Joe Jackson, ai Fratelli Fratellini.” Ritratti di Jimmy, eseguiti da parecchi artisti americani, sono presenti nei musei; E.E. Cummings ha celebrato il suo genio in una poesia; i suoi fan sono legioni e appartengono ad ogni condizione sociale. Savo vive a New York con sua moglie Nina. E’una figura familiare a Central Park, i cui uccelli e scoiattoli possono sempre contare su di lui per un pasto gratis. È anche amico dei cani randagi e un appassionato pescatore. Glibert Seldes scrisse una volta di Savo: “Lui é sempre dolce, com’é dolce l’acqua fresca,” È questo il sapore di ‘Salve, piccolo mondo!”
il 6 Aprile del 1954 il NEW YORK TIMES titola:
JIMMY SAVO PROGETTA IL SUO RITORNO ALLE SCENE
un Musical basato sul suo romanzo, ‘Little World, Hello!’
Jimmy Savo, esponente dell’Arte della pantomima, tornerà a Broadway, la prossima stagione. in un musical basato sul suo romanzo breve, “Little World, Hello”.
Questo progetto non sarà realizzato: Jimmy morirà a Guardea il 3 Settembre del 1960 e li sarà seppellito.
Riconoscimenti
Esattamente due anni dopo la morte di Jimmy, il 29 Settembre 1962, Lina Farina inaugura, presso il castello di Guardea, il Jimmy Savo Art Center che vede la partecipazione di John Ernest Steinbech, scrittore, York Ignace McLemore, musicista, Christian Glover filologo, John Brown, addetto culturale dell’Ambasciata americana a Roma.
Il mese successivo Peggy Wood, presidente di Anta (American National Theatre and Academy) e Lloyd Gordom direttore del Whitney Museum di New York diventano preziosi consiglieri della Farina, nell’organizzazione di simposi, dibattiti, esibizioni, in tutti i settori delle arti contemporanee, che vedono la partecipazione degli artisti più apprezzati, nel mondo, in quagli anni. Per 6 anni Guardea, nel nome di Jimmy Savo, diventa dunque un riferimento importante nella vita artistica e culturale, non solo italiana, con lo scopo di favorire una maggiore cooperazione fra i popoli, reduci da un sanguinoso e crudele conflitto L’importanza dello Jimmy Savo Art Center è ben descritta e puntualmente documentata nel volume di Felice Medori Il castello del Poggio di Guardea – La sua storia ed il “Jimmy Savo Art Center“, a cura di Girolamo Medori, Leoni Grafiche. Grazie al sito di Franco Della Rosa è possibile leggerne una versione in pdf. Il 1968 è l’ultimo anno in cui fu possibile organizzare importanti manifestazioni, poi sopravvisse, unicamente, la scuola d’arte e di lingua inglese per i ragazzi del Poggio. La collaborazione con Loyd Gordon permise al Whitney Museum of American Art di esporre un lavoro di Adolf Dehn Jimmy Savo and Rope del 1944. A fianco il dipinto Jimmy Savo’s Shoes di Loren MacIver del 1944 esposto al MOMA di New York.
Le ultime sono 2 composizioni sono di E.E. Cummings a poet, painter, essayist, author, and playwright, grande estimatore di Jimmy che lo ha seguito fin dai tempi del vaudeville. Il resto è storia più recente.
La foto più a sinistra di Richard Avedon fu realizzata per illustrare il libro Observations, che oltre alle immagini di Avedon, presentava i commenti di Truman Capote e la grafica di Alexey Brodovitch, pubblicato da Simon & Schuster nel 1959 e, inoltre, viene riportata nella galleria fotografica in appendice al libro I Bow to the Stones di JIMMY SAVO, Ricordi di un’infanzia a New York” -HOWARD FRISCH – NEW YORK – 1963 , insieme alla foto Jimmy Savo 1929, di Edward Steichen (Museum of Modern Art).
[…] accanto ad un ex-bar di questo ex-paese abbandonato di Ameria ho conosciuto Jimmy Savo, all’inizio delle vacanze scolastiche estive, nel 1960, ad appena tre mesi dalla morte.
Da questo ricordo parte l’impegno di Franco Della Rosa, l’architetto che si occuperà della ricostruzione del Castello del Poggio di Guardea, appassionato di manifestazioni artistiche espressive, per far conoscere, in Italia, la grandezza di questo
artista. Occupandosi della biografia di Jimmy apprende come l’origine stiglianese dei genitori, la permanenza a Stigliano nei primi anni di vita e la frequentazione della comunità stiglianese di New York, abbiano avuto una profonda influenza sull’artista, se lo stesso titolo del libro rende omaggio al padre e, con lui, alle sue origini. Franco Della Rosa approda così a Stigliano, nel 2016, e, oltre alle pietre, trova la disponibilità della nostra gente e in particolare, l’attenzione di Rocco Derosa attento custode della storia stiglianese. Grazie al lavoro umbro e quello lucano, Stigliano ha potuto candidarsi al progetto Capitale per un giorno, all’interno delle celebrazioni di Matera, Capitale della cultura 2019, e questo grande artista ha ricevuto l’attenzione che merita il 7 e l’8 Settembre 2019 (nella foto: Murales di Jimmy Savo a Stigliano, Capitale per un giorno).
Cronologia
31 Ottobre 1859 | nasce a Stigliano (MT), Giuseppe Maria Sava, di professione calzolaio |
1878 | il gentile ciabattino italiano, Giuseppe Sava, all’età di 20 anni, si imbarca per l’America. Dopo 30 giorni di navigazione, passa 5 giorni a New York sotto una tormenta di neve; ne ha abbastanza, riprende la stessa nave e torna a Stigliano |
25 febbraio 1886 | Giuseppe, di anni 27, sposa Carmela Baione, di anni 21, nata a Stigliano, filatrice, donna di casa e anche proprietaria di qualche ettaro di terreno. |
Una prima bambina nasce a Stigliano ma muore subito | |
1888 | Partenza per l’America |
26 Luglio 1890 | nasce Lucia, battezzata ad un mese d’età |
31 luglio 1892 | nasce Vincenzo Rocco Sava, battezzato il 29 Ottobre 1892 |
1894 | Morte di Carmela e ritorno a Stigliano, in Italia |
6 Dicembre 1894 | Giuseppe, a 36 anni, sposa in seconde nozze nella Chiesa Madre di Stigliano la Signorina Maria Rosa Rago di anni 22 nata a Pietrapertosa, nel 1872 |
1895 | Giuseppe con la nuova compagna Maria Rosa, insieme ai due figli di lui, Lucia di anni 5 e Vincenzo Rocco (Jimmy) di anni 3, ritorna a New York |
1901 | prima apparizione di Jimmy ad una serata del dilettante in compagnia del suo cane, Nelly |
1905 | All’età d 13 anni, oltre che per strada si esibisce come giocoliere al Bedford Ttheatre, un piccolo teatro nel Bronx. |
1912 | entra nel circuito Orpheum; esordio a NY al Victoria Theatre di Hammerstein |
1918 | sposa Frances Victoria Browder, in arte Franza, e nasce Jimmy Vincent Savo Junior |
1921 | esordio cinematografico in 3 cortometraggi (“Say It with Flowers”, ecc.) |
1924 | esordio a Broadway, allo Shubert Theatre, in ” Vogue of 1924″ |
1935 | divorzia da Frances Victoria Browder (è l’anno del lungometraggio “Once in a blue moon”) |
1938 | anno del ritorno in Italia, a Guardea (Tr), con la seconda moglie, Lina Farina |
13 Settembre 1946 | Jimmy subisce l’amputazione di una gamba presso il Memorial Hospital di NY |
21 Marzo 1947 | Nuovamente ricoverato presso il Memorial Hospital per polmonite |
1941 | Jimmy diventa nonno: da Jimmy Junior e da Adah Deborah Ball, nascono Joan Deanne Savo e, successivamente, Jane Elizabeth Savo e Deborah Junior Savo |
1947 | Pubblicazione del romanzo breve “Little World, Hello“ |
1948 | Consacrazione in un gala del “The American National Theatre and Academy“(ANTA) allo Ziegfeld Theatre, a fianco dei piu grandi artisti dell’epoca. |
1951 | Esordio in tv in “General Electric Guest House (Summer 1951)“. |
20 Gennaio 1959 | ultima partecipazione ad uno spettacolo, è ospite d’onore al The Jack Paar Show, uno show televisivo di grande successo . |
3 settembre 1960 | Muore a Guardea e lì viene seppellito. |
1963 | Pubblicazione postuma del romanzo I Bow to the Stones |