Sebbene abbia girato molti film, Jimmy Savo non fu mai completamente apprezzato per quanto riguarda la settima arte, al contrario delle entusiastiche ed unanimi critiche ricevute per le commedie musicali, per la pantomima e per tutte le altre manifestazioni artistiche in cui si cimentava. Comunque le maggiori aspettative furono per Once in a Blue Moon (1934), scritto, prodotto e diretto da Ben Hecht e Charles MacArthur, che lo vedono protagonista assoluto nel ruolo di “Gabbo the Great”, un artista circense nella Russia che si prepara alla rivoluzionaria bolscevica del 1917.
La critica, severa, riconosce a Jimmy le sue capacità istrioniche, l’efficacia del personaggio, l’intensa espressività del volto, con cui esprime le più profonde sfumature dell’animo umano. Agli occhi dei bambini che assistono ai suoi spettacoli è palese la magia, l’incanto del clown e del suo mondo fiabesco, allietato dai brani cantati e danzati. Appare evidente, anche alla critica più severa, che il film è costruito attorno a lui e alla sua lunga e solida esperienza di vaudeville
In “Once in a Blue Mon ” eccezionale performance dello “squisito e adorabile clown Jimmy Savo “, amabile, fragile, infinitamente toccante. “Gli occhi brillanti, le lucide, paffute guance, la bocca allegra, il colletto clericale, rappresentano l’apoteosi di Jimmy
Brooks Atkinson S, criticocinematografico del The New Yorkt Times .
La critica cinematografica non risparmiò, invece, la regia, i dialoghi, il montaggio in cui si è permesso che la musica di George Antheil, si sovrapponesse, colpevolmente, ai dialoghi, giudicati poco comprensibili, dal momento che si era ricorso alla stravagante trovata di rendere “russi” i personaggi, facendo loro parlare un inglese, di fatto, indecifrabile.
Del resto Ben Hecht, era un personaggio eccentrico: in occasione della vincita dell’Oscar per le sceneggiature di Le notti di Chicago, nel 1929, non si presentò alla cerimonia di premiazione ma mandò un telegramma dicendo di essere onorato e felice che fosse stato istituito un premio per cercare di mettere in luce i film di qualità. E che, in questo modo, Hollywood sembrava un po’ meno “latrina” del solito. Si è anche detto che non fosse sempre lui a girare le scene del film ma che questo compito fosse, di fatto, affidato a Lee Garmes, direttore della fotografia e promosso direttore associato, esperto e artisticamente prolifico, ma che in quella occasione non avrebbe dato il meglio di sé, neanche nel suo specifico campo di azione. Inoltre fra le attrici, Helen Whitney Bourne , il personaggio della Principessa Ilena, di cui si innamora Gabbo, aveva esordito l’anno precedente con Hecht, nel film “Delitto senza passione”, successivamente cinema e teatro fino a che, nel luglio del 1939, aveva sposato il finanziere Stanton Griffis ed, in seconde nozzei l banchiere Arthur Osgood Choate Jr., abbandonando il mondo dello spettacolo. mentre l’altra giovane attrice, mostrata sempre in abiti maschili, Edwina Armstrong, nell’immagine al lato, era figlia di Hecht, avuta con la prima moglie, Marie Armstrong. Dopo questa avventura, economicamente disastrosa, Ben abbandona definitivamente la regia e si dedicherà esclusivamente alla sceneggiatura.
Nel cast anche Nikita Balieff, impresario del celebre gruppo teatrale La Chauvre Souris: non si può dire che il film abbia portato fortuna al vaudevillan armeno che morì, a 56 anni, dopo pochi mesi dalla conclusione delle riprese del film.
Cercando di uscire fuori dagli schemi convenzionali del tempo, propri degli addetti ai lavori dell’epoca , va detto che Ben Hecht era figlio di immigrati ebrei russi e che il film vuol essere la testimonianza delle vicende drammatiche vissute da molti profughi. Il sollievo per il superamento di quelle vicende, insieme a quello più recente e reale, e cioè la ripresa produttiva, dopo la grande depressione economica degli anni precedenti, possono giustificare Il tono forse un po’ troppo caricaturale con cui si affronta un evento epocale, quale la rivoluzione russa del’17.
In aggiunta, era un motivo costante dei due autori l’insofferenza per ogni genere di abuso del potere esercitato dell’uomo sull’uomo, presente in molti dei loro film: l’ufficiale della parte avversa, Il caporedattore o l’editore, gli aristocratici russi che, trasportati al di fuori del loro ambito di influenza, mostrano debolezze, difetti, insicurezze. Quindi non a caso hanno del farsesco e del grottesco i tratti del clown in cui Nikita Balieff è costretto a truccarsi, anche per sfuggire alla feroce caccia, per tutta la Russia, da parte dei loro nemici dell’Armata Rossa.
Il ruolo interpretato da Balieff è quello del gen. “bianco” Oneygin, con una storia molto simile a quella del principe Georgij Evgen’evič L’vov, capo del governo provvisorio russo, dopo il 1905, che, arrestato nel 1917, riuscì a fuggire e a raggiungere Parigi. Proprio come avviene, nel film, a Oneygin, che viene liberato da Gabbo e, giunto a Parigi, rientra in possesso del ricco patrimonio che era riuscito a portare via, prima dello scoppio della rivoluzione. In aggiunta, la moglie di Oneygin , una duchessa, interpretata dall’attrice Cecilia Loftus, più avanti nel film, sosterrà di essere stata la donna più ricca di tutta la Russia.
Trama: un gruppo di aristocratici, guidati dal generale Onyegin , capo della fazione polituca “bianca”, insieme alla moglie, la duchessa, le nipoti, la contessa Nina e la principessa Ilena, e il nipote Kolia, stanno cercando di uscire dalla Russia e raggiungere Parigi, e ci riusciranno grazie alla disponibilità di un clown famoso all’epoca, il “grande Gabbo”, che utilizza per loro i passaporti della sua troupe circense, dispersa durante la prima guerra mondiale e la successiva rivoluzione bolscevica. Tutti insieme sul carro di Gabbo che si trasforma in palcoscenico, attraverseranno tutta la Russia, inseguiti dall’Armata Rossa (che viene sempre mostrata in una irresistibile cavalcata, sulle note dell’Internazionale). Grazie a Gabbo riusciranno nel loro intento e potranno raggiungere Parigi, rientrare in possesso del loro patrimonio e del loro tenore di vita in cui non c’è posto per l’illusorio sogno d’amore del piccolo clown, che svanirà fra il fasto e la ricchezza di un ballo a corte in cui lui non può fare altro che uscire di scena con il buffo ballo del clown capace di suscitare ilarità e simpatia, non certo amore. Tutto ciò appare chiaro anche in questi brevi frammenti, estratti dal film, della durata di 15 min. circa.
Un approfondimento merita il rapporto di Jimmy con i bambini. In particolare con quelli, in gran parte russi immigrati, radunati dalla regia, in gran numero, negli studi Astoria di New York. Diventano protagonisti insieme al grande Gabbo, dando vita ad una serie di episodi in cui, tra l’altro lo salvano dalla prigione dei “bianchi” e dalla caccia dei “rossi”. Infine sono ancora quei bambini, cui è stato permesso l’espatrio, che aiutano Gabbo a costruire la “capanna” dei sogni, in una Parigi periferica, dove spera di coronare il suo improbabile sogno d’amore, la sua luna blu. Tutto ciò è raccontato attingendo dalle riviste cinematografiche più importanti dell’epoca, Photoplay, Playbill, Screenland ecc. , che inviano i loro corrispondenti sul set del film per intervistare e presentare al pubblico del cinema colui che riuscirà a rivaleggiare con Chaplin! (leggi tutto)
E ritornano in mente, a questo proposito, le parole di E. E. Cummings un poliedrico arista e, anche per questo, suo grande estimatore:
“Il successo di Jimmy Savo fu l’incarnazione vivente del principio evolutivo noto come neotenia (fattezze infantili). Con i suoi grandi occhi pieni di sentimento e il suo corpo piccolissimo, per un uomo adulto, Savo avrebbe potuto fare un accettabile Oliver Twist. Savo non era un nano, solo una persona di statura piccola, che accentuava con abiti sovradimensionati e un cappello da derby”.
I bambini, da spettatori affascinati dal fantasioso affabulatore Gabbo, continuano, nella realtà, la loro costruzione di un mondo pieno d’affetto, d’amore e di rispetto.
Una scenetta gustosissima è legata all’episodio della macchina dei soldi di cui vediamo un frammento. La critica d’allora ricorda una scena dello stesso genere, ma dirompente e sfrenatamente folle, dei fratelli Marx , mentre il nostro ricordo più recente va a Totò, Pepino De Filippo e Giacomo Furia ne “La banda degli onesti” e l’uso improprio delle tasche di Totò alla fine del primo atto di “Miseria e nobiltà”.
Il film fu girato, negli studi Astoria di New York, nel 1935 da Hecht e Machartur che avevano fondato una casa di produzione propria, la Heche MacArthur Production che aveva messo sotto contratto Savo per 7 lungometraggi, ma che chiuse in passivo, anche grazie al film di Savo che era costato parecchio e non aveva incassato quanto si sperava. Dopo questa esperienza, Hecht tornerà a firmare sceneggiature, ricevendo un secondo Oscar nel 1936 con The Scoundrel e intervenendo a rifinire soggetti e sceneggiature di altri, grazie alla sua esperienza, in qualità di “script doctor “e spesso di “ghostwriter“, quando non menzionato fra gli autori delle sceneggiatura e, quindi, prestanome per altri. La società di distribuzione, la Paramount Pictures, evidentemente d’accordo con la critica cinematografica del tempo, all’uscita del film, che esalta la prestazione di Jimmy ma condanna, senza appello, come già riferito, la regia, la sceneggiatura, la colonna sonora ed il montaggio, distribuisce per 3 anni il film in cinematografi di seconda visione, in quartieri popolari, frequentati dalle classi lavoratrici e dalla gente di colore. Dopo questa lunga gavetta il film approda ad Hollywood in un cinema prestigioso, fra stucchi, grandi specchiere, molte centinaia di posti a sedere e maschere in livrea, ottiene un discreto successo ma, soprattutto, contribuisce a consolidare la fama e la bravura, peraltro universalmente riconosciuta, di Jimmy Savo.
Alcune curiosità: a metà film, appare l’attore Howard Da Silva, anche lui, come Hecht, figlio di emigranti russi ebrei, nel ruolo del colonnello Mirsky, capo militare delle forze della Russia bianca, che fa capo al generale Onygin. Da Silva otterrà importanti affermazioni sia nel cinema, lavorando con registi di prestigio come Orson Welles e Billy Wilder, sia in teatro, a Broadway con il suo maggior successo Oklahoma!, dei celebri compositori Rodgers (l’autore, tra l’altro, delle musiche di “Fhe Boys from Syracuse”, il musical che decretò il grande successo di Jimmy) ed Hammerstei. Successivamente fu emarginato, come comunista, dalla Commissione per le attività antiamericane (HUAC), voluta dal senatore Joseph McCarthy. E’ utile sottolineare che Savo e Da Silva erano stati enrambi protagonisti di quel tentativo di presentare un “teatro militante“, socialmente impegnato, con musical come Parade e The Cradle Will Rock, con le composizioni di Marc Blitzstein .Ritorna allo spettacolo a al successo in teatro, radio e televisione, nel 1960, proprio l’anno della morte di Jimmy Savo. Nel cast, come comparse, sembra ci fossero un ex governatore generale della Siberia, un nipote di Leo Tolstoy e Lucius Henderson, un pioniere del cinema che, nei primi dieci anni del Novecento, diresse più di ottanta pellicole mute e gestì la Majestic Film Co.
(Nell’immagine la presentazione del film in “Photoplay” gennaio.giugno 1936)
Per i diritti d’autore “Once in a Blue Moon” è una delle oltre 700 produzioni della Paramount, girate tra il 1929 e il 1949, vendute alla MCA / Universal nel 1958 per la distribuzione anche televisiva, e successivamente possedute e controllate dalla Universal.
Nota: Queste notizie sono state raccolte e dedotte essenzialmente dalle numerose voci sull’argomento presenti su Wikipedia, l’enciclopedia libera sul web, e su altri siti, confrontando i diversi contributi con comunicati di fonti ufficiali, quali le case cinematografiche o le riviste del settore.
Dati generai di Once in a Blue Moon
Titolo: | ONCE IN A BLUE MOON (LAUGH LITTLE CLOWN) | |
Regista: | BEN HECHT e CHARLES MACATTHUR |
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Anno: | 1935 | |
Durata: | 67 Minuti | |
Paese: | Stati Uniti | |
Genere: | Commedia |
E’ possibile consultare una scheda tecnica più approfondita del film, approntata da IMDb (Internet Movie Database), il sito di Amazon dedicato alla diffusione di contenuti cinematigrafici e televisivi, e quella approntata da CITVF, (Complete Index To World Index).