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Jimmy Savo tornerà a Stigliano

“Ho conosciuti pochi uomini durante la mia vita, la cui arte dovrebbe essere ricordata  per sempre. Jimmy Savo è stato  davvero un grande contributo al mondo dello spettacolo e uno dei clown più importanti al  mondo. Con il suo volto da folletto  poteva fare più di ciò che molti comici avrebbero potuto fare con mille parole. Una volta visto, il grande Savo non poteva mai più essere dimenticato. Anche se piccolo di statura, è alto dieci piedi nella mia memoria “.

– Eddie Cantor (attore, sceneggiatore, regista)

 

 

Jimmy Savo tornerà a Stigliano grazie all’amministrazione comunale che ha deciso di candidare un proprio progetto al bando voluto dalla fondazione Matera Basilicata 2019 “Matera 2019 – Capitale per un giorno”. Il progetto si intitola “ I bow to the stones“, “Mi inchino alle pietre”  quello che Giuseppe Sava, il papà di Jimmy ,  soleva ripetere a suo figlio, “incitandolo così a non lasciarsi travolgere dagli insuccessi e dai disagi che la vita immancabilmente propone a ciascuno di noi, ma affrontando tutto con dignità e coraggio”. Nel rendere omaggio  al grande attore i il progetto intende  sottolineare, appunto,   la dignità, il coraggio, la passione, la solidarietà,  tutti valori che appartengono a Jimmy Savo e al popolo stiglianese.

Ma quando  era partito? Per cosa deve essere ricordato? Perchè i suoi film distribuiti in diversi paesi europei non sono mai arrivati in Italia? Ma poi, chi era, in realtà,  Jimmy Savo?

Jimmy Savo nasce a Newyork il 31 luglio 1892 da Giuseppe Maria Sava, di 23 anni,  di professione ciabattino, e Carmela Baione, di anni 21,  filatrice e casalinga. Entrambi i genitori sono nativi di Stigliano, in provincia di Matera,  un paesino in cima ad un monte, il monte Serra,  in Basilicata, ed  emigrati in America nel 1888. La morte di Carmela suggerisce a Giuseppe di tornare a Stigliano, dove Jimmy ottiene la cittadinanza italiana e la famiglia stabilisce il proprio  domicilio.  Ma ritentare la fortuna in America è rispettare il desiderio e la memoria di Carmela, la madre.

Il suo esordio a 13 anni, nel 1905, al Bedford Theatre, un piccolo teatrino del Bronx, grazie alle frequenti serate del dilettante, in cui riporta sempre i premi più importanti e dove si esibisce come giocoliere ed equilibrista. Nel 1912, a 20 anni, è una delle star del Circuito Orpheum, un circuito coast to coast, di importanti  teatri, a San Francisco, Los Angeles e Sacramento, e poi, Seattle, Tacoma , Spokane, Washington e, dal 13 al 32,  anche il  Palace Theatre di New York,  la casa del vaudeville negli Stati Uniti, dove Jimmy aggiunge, all’equilibrismo, alla giocoleria e alle passeggiate sul filo, la pantomima e l’ironia, cui ricorre, quando, come spesso gli accade, i numeri di prestigio non gli riescono perfettamente. Il Passaggio dal vaudeville al burlesque gli permette di raffinare le sue capacità di attore, aggiungendo, alle altre, la recitazione, il  canto ed il ballo, inventando i famosi “passi del granchio” ed il “ ballo dell’orso”, che saranno alcune delle gag più esilaranti ripetute nei  suoi film.  Diventa così naturale  il suo ingresso a Broadway con Vogue nel 1924 e resta  nei cartelloni della “via  delle luci” di Midtown    per 900 serate in 20 anni, con una decina di spettacoli e, contemporaneamente gira almeno 11 film, compresi alcuni cortometraggi, ai quali seguono una decina di comparse in spettacoli televisivi e fino a qualche anno prima della sua morte.

In  quegli anni Jimmy Savo affianca  l’attività  teatrale  a quella in club e cabaret, dove può mettere a frutto le sue doti di cantante e di mimo. È giusto ricordare come  a seguito dell’amputazione di una gamba, avvenuta nel 1946, e il conseguente utilizzo di una protesi,  Jimmy debba abbandonare le sue “passeggiate sul filo” o gli esercizi di equilibrismo e, dopo il 45, lo stesso teatro, e possa dedicarsi completamente ai night club, in alcuni veri e propri templi di questo genere:  il “ Café Society“  o la Persian Room” del  “Plaza Hotel”di New York e lo “Chez  Paree” di Chicago, dove conosce i più grandi artisti ed i più grandi musicisti di jazz, neri e bianchi, assieme ai quali spesso si esibisce.

Muore in Italia, a Guardea, in provincia di Terni il 3 settembre del 1960, lì dove per diversi anni soleva passare l’estate, prima di tornare in America per nuovi spettacoli.

Entusiasta la critica del tempo. Numerosi gli articoli, accessibili nei vari data base, delle riviste dell’epoca, Variety, Billboard, Playbill, Vanity Fair, Friday , The Hollywood reporter, Moving Picture World, che contengono dettagliate recensioni delle sue performance.

Al suo esordio cinematografico la critica lo paragona subito al “silenzioso clown Charlie Chaplin”. (“The Hollywood reporter”) e poi  “quello squisita e adorabile clown di Jimmy Savo,…per alcune capacità indiscutibili dell’integrità personale, per uno stile comico che, come solo  per Chaplin, non ha in sé nulla di imitativo, volgare, economico, presuntuoso, auto-glorificante o sdolcinatamente commerciale.” ( “The New Yorkt Times”, DEC. 2, 1936).

In  “Once in a Blue Mon ”  eccezionale performance  dello “squisito e adorabile clown Jimmy Savo “,amabile, ‘fragile, infinitamente  toccante.  Gli occhi brillanti, le lucide, paffute guance, la bocca allegra, il colletto clericale, rappresentano l’apoteosi di Jimmy” (Brooks Atkinson S. –  “The New York Times” del 21 maggio 1935)

Se questo è la maschera viene da chiedersi come fosse l’uomo, la sua indole, il suo carattere. Ebbene, caso più unico che raro nel mondo dello spettacolo, l’uomo coincide totalmente con l’artista e con i personaggi interpretati. E non solo per le testimonianze di tutti coloro che l’hanno frequentato anche fuori da un palco o da un set cinematografico:

“… E’una figura familiare a Central Park, i cui uccelli e scoiattoli possono sempre contare su di lui per un pasto gratis. È anche amico dei cani randagi e un appassionato pescatore. (Dalla postfazione all’edizione americana del 1947 del su libro “Little World, Hello!”)

Glibert Seldes scrisse una volta di Savo: “Lui é sempre dolce, com’é dolce l’acqua fresca,” ..”È questo il sapore di Little World, Hello!

 Franco Della Rosa, un attento studioso di Jimmy, il  primo in Italia,  ricorda come, da bambino, era incuriosito da quel piccolo uomo che regalava ai bambini caramelle e, ai vecchi, orologi. Già!  orologi? Non l’unica apparente stranezza di Jimmy. Apparente!  Perché il significato per lui e, ora,  anche per noi,  era chiaro:  se “ i vecchi sulle panchine dei giardini succhiano fili d’aria e un vento di ricordi” Jimmy dice loro che non bisogna pensare unicamente al tempo passato, ma vivere, intensamente,  il presente. Lui stesso, pochi anni prima di morire, pur avendo subito l’amputazione di una gamba, continua a lavorare e mette in cantiere nuovi progetti, anche se non vanno tutti a buon fine.

“Jimmy Savo, esponente dell’Arte della pantomima, tornerà a Broadway, la prossima stagione. in un musical basato sul suo romanzo breve, “Little World, Hello”. (NEW YORK TIMES – 6 Aprile del1954)

 E se ci si deve ribellare al destino e al tempo, figurarsi se non ci si debba ribellare alle prepotenze e al’arroganza del potere:  nel 1943, pubblica un articolo denuncia sulla rivista “The New Masses,  un giornale marxista statunitense, uscito regolarmente tra il 1926 e il 1948, e che, verso la fine degli anni trenta, sostenne il Fronte popolare del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America come risposta all’avanzata del fascismo in Europa e, successivamente, alla Guerra civile spagnola.

L’articolo si intitolava  “Il futuro dell’Italia” e descriveva  un simposio cui erano stati invitati dalla rivista eminenti italo-americani”- Ma la critica al governo italiano  prosegue anche nel dopoguerra. Nel  1948, l’ anno della chiusura del Cafè Society ed anche l’anno della chiusura della rivista marxista, in un articolo, pubblicato in America,  Jimmy  denuncia la povertà di gran parte del popolo italiano, prendendo in esame quello che aveva visto di persona in Italia e che accadeva nella bonifica delle paludi pontine o nel suo soggiorno a Guardea:

“So che dove viveva Costantino c’era un ragazzo di 12 anni, Alfreduzzo, che in tutta la sua vita, aveva mangiato solo un uovo. E Alfreduzzo non aveva scarpe. Perciò non poteva andare a scuola. Per andare a scuola e imparare l’ABC, in Italia, un bambino deve avere le scarpe”

La  solidarietà di chi ha avuto fortuna   verso chi non ce la fa  è un tratto distintivo della nostra gente e un altro modo per “inchinarsi  alle pietre”. (nelle immagini i tributi a Jimmy Savo di alcuni artisti suoi contemporane. Da sinistra:  Adolf DehnJimmy Savo and Rope”, esposto al “Whitney Museum of American Art“, “Jimmy Savo’s Shoes” di Loren MacIver del 1944 esposto al MOMA di New York, un probabile omaggio al papà dI Jimmy, “un distinto  ciabattino italiano” . Alcune composizioni di E.E. Cummingsa poet, painter, essayist, author, and playwright”, grande estimatore di Jimmy)